Giorgio Griffa
Dal 21 settembre al 17 novembre 2023
In una mostra che ripercorre la ricerca di Giorgio Griffa dagli Settanta agli anni Novanta, le opere esposte documentano l’operazione sulla pittura svolta dall’artista torinese (1936) e il suo fare arte come attività allo stesso tempo sia fisica che mentale.
La sua visione del naturalismo, esemplificata nella sua nota dichiarazione di non rappresentare nulla ma di limitarsi a dipingere, si basa su un particolare accordo tra il colore, la forma e il ritmo che gli elementi pittorici assumono nella loro disposizione sulla tela grezza.
Le opere sono così percorse da un ritmo interno, quasi un periodare poetico, che le attraversa con un fraseggio grafico elementare, mai formalista ma sempre vibrato, spontaneo e generativo, seppur controllato e mai artatamente “azionista”, come testimoniato dalla sua abitudine di dipingere sul piano orizzontale, evitando sgocciolature.
Le tele grezze si macchiano così delle tracce di un passaggio, sono risonanti di grafismi spontanei e di vibrazioni cromatiche, che portano questo variare continuo della pittura vicino al fraseggio musicale ed ai suoi toni: scale, contrappunti, accenti in battere e levare.
Pazienza e gradualità, con la costruzione di un linguaggio metrico libero, sono gli elementi fondanti di questa pittura iterativa e non evolutiva, fatta di apparizioni lievissime, quasi essudazioni e lontane tracce mnestiche, come nelle opere in mostra appartenenti agli anni Settanta, fino ad arrivare alle composizioni più articolate e variate degli ultimi decenni, come gli Arabeschi, disseminate di segni più forti, di numeri e di ben più marcate risonanze ritmiche e cromatiche.
Annoverato tra gli artisti fondamentali della Pittura Analitica degli anni Settanta, Giorgio Griffa ne ha dato una versione particolare, attraverso un fare arte fenomenico e persino atmosferico, che definisce uno spazio naturalistico interno, fuori da ogni preoccupazione mimetica o rappresentativa, come testimonia la sua partecipazione alle principali mostre internazionali dedicate a partire dai primi anni Settanta al gruppo degli analitici: “Processi di pensiero visualizzato” (1970), “Contemporanea”, “La riflessione sulla pittura” e “Io non rappresento nulla, io dipingo” (1973), “Geplante Malerei” (1974), “Concerning Painting” (1975), “Cronaca” e “I colori della pittura” (1976), “Bilder ohne Bilder” (1977), la Biennale di Venezia nel 1978 e nel 1980. Nel 2017 è stato invitato ad esporre nuovamente alla Biennale di Venezia curata da Christine Macel e intitolata, in modo calzante per la sua opera, “Viva Arte Viva”.
Con la stessa freschezza organica della vita, Giorgio Griffa usa infatti la tela come un campo vitale di apparizioni e di tracce, mai intelaiata, ma appesa con la naturalezza e la libertà di mostrare pieghe, macchie e notazioni. E’ l’apparizione del trascorrere del tempo, che attraverso il ritmo interno del fraseggio segnico, diviene il vero protagonista di una pittura aperta e generativa, irriducibile alle costrizioni della logica compositiva o della ricerca percettiva e gestaltica, una pittura in mutazione che ha saputo rifiutare di svilupparsi in uno stile, conservando inalterato ad ogni pennellata il suo palpito emotivo e contemplativo.